Applicare il metodo Stanislavskij al copywriting
Konstantin Sergeevič Stanislavskij è il padre del teatro moderno. La sua tecnica si contrappone allo straniamento di Bertolt Brecht, che richiede all’attore di staccarsi dalle proprie opere portando l’arte al di fuori e oltre sé stessi. Stanislavskij richiede, invece, che l’attore entri nell’opera e ne diventi parte integrante. Che riesca a entrare e uscire dalla parte, come se togliesse una maschera ogni volta che oltrepassa la soglia del teatro, indossandone un’altra.
In teatro viene utilizzato il metodo Stanislavskij, che con “Il lavoro dell’attore su se stesso” e “Il lavoro dell’attore sul personaggio” (le sue due opere sulla tecnica teatrale) ha offerto ottimi spunti di riflessione su cui lavorare.
Cosa c’entra Stanislavskij con la scrittura?
Il metodo Stanislavskij si basa sull’approfondimento psicologico del personaggio e sulla ricerca di affinità tra il mondo interiore del personaggio e quello dell’attore. Le sue radici risiedono sull’esternazione delle emozioni interiori attraverso la loro interpretazione e rielaborazione a livello intimo.
In parole povere, dobbiamo metterci nei panni di chi ci legge.
Tanto più un personaggio avrà un vissuto forte, realistico, tanto più risulterà verosimile e credibile agli occhi dei lettori.
Quando prendiamo in mano il copione per la prima volta per studiare la nostra parte, mano a mano che ci addentriamo nella vicenda, impariamo a conoscere il nostro personaggio. Chi è, cosa fa per vivere, qual è la leva che muove le sue azioni all’interno della vicenda, perché intraprende un determinato percorso
Queste sono le prime domande che dovremo porci per recuperare almeno una bozza di chi saranno i nostri personaggi.
Uno, nessuno, centomila… chi sono?
Dobbiamo saperlo meglio noi di chiunque altro.
La prima scrematura è pronta: abbiamo finalmente i nostri protagonisti, ma non basta.
Stanislavskij vuole molto di più dai suoi attori.
Il processo di reviviscenza parte dalle funzioni dell’immaginazione e prosegue con lo sviluppo dell’attenzione, l’eliminazione dei cliché e l’identificazione del ritmo. La reviviscenza è fondamentale perché tutto ciò che non è rivissuto resta inerte, meccanico e inespressivo.
Stanislavskij focalizza l’attenzione su alcuni aspetti fondamentali per una buona realizzazione del personaggio. Per rendere i personaggi credibili, ecco come dovremo comportarci:
- eliminare i cliché;
- sviluppare l’attenzione;
- mantenere un buon ritmo narrativo;
- comunicazione (con gli altri attori, dunque gli altri personaggi) ascoltando davvero la battuta dell’altro, evitando la meccanicità dei gesti;
- l’attore deve essere vero in un contesto di farsa.
Verità collettiva e verità del singolo
Il metodo Stanislavskij permette all’attore di portare in scena il suo privato. Il bagaglio interiore di un attore è costruito da verità collettive. L’attore può quindi sviluppare una verità del singolo che coinvolge tutti.
L’attore deve portare in scena il suo bagaglio personale. Se vorremo essere credibili, dovremo riuscire a trovare un punto in comune tra la nostra opera e il nostro pubblico.
Se ti chiedono di essere felice, a comando, non saprai farlo. Ma se ti chiedono di ricordare cosa ti rende felice, allora sarà più facile replicare quel sentimento.
Come possiamo utilizzare questo bagaglio di sentimenti inespressi ed esperienze assopite?
- Lavorando sulle nostre esperienze: sarà più facile trasmettere il nostro messaggio;
- ricordare uno stato d’animo, un aneddoto, renderà più semplice indirizzarci verso una verità collettiva. Sappiamo tutti come ci si sente quando si è felici, si è tristi o determinati a raggiungere un obiettivo. Dobbiamo imparare a trasformare le nostre esperienze di vita in una verità che possa essere compresa da tutti;
- cercare punti di contatto tra la nostra vita e quella dei nostri lettori;
- le esperienze non potranno essere le stesse, ma dovranno essere legate per analogia e affinità con quelle di chi ci legge.
Sembra facile ma non lo è.
Non dobbiamo riversare tutti noi stessi nella nostra creazione, ma dovremmo essere il punto di partenza per arrivare alla creazione di un’altra parte di noi stessi.
Da Verga a Pirandello: tra realismo e lanterninosofia
Passiamo ora dal teatro alla letteratura che, si sa, sono strettamente collegate.
Siamo sempre a inizio Novecento, ma questa volta in Italia, lontano da Germania e Russia.
Stanislavskij non chiede agli attori di astrarre la propria personalità né di riportarla fedelmente sul palco. Gli chiede un processo di trasformazione delle proprie esperienze e del proprio vissuto alla ricerca di qualcosa che faccia da trampolino di lancio per una nuova vita.
Verga e Pirandello hanno lavorato entrambi sul tema del lavoro minorile e la questione meridionale, ma lo hanno fatto in modo completamente diverso. Rosso Malpelo di Giovanni Verga e Ciaula scopre la luna di Luigi Pirandello sono le novelle in cui affrontano il tema, l’uno con il pragmatismo verista, l’altro con l’accento sull’incoscio e l’emotività che nasce dal sentimento del contrario, in cui dietro la maschera comica si nasconde la tragicità della sofferenza.
Il messaggio è lo stesso, ma il canale e il metodo espressivo che lo veicolano sono molto diversi, quasi opposti. Queste due novelle dimostrano l'importanza dell’impronta personale e del proprio vissuto in ciò che vogliamo raccontare. Ma, soprattutto, ne evidenziano la necessità per distinguerci dagli altri.
Proprio come per Brecht e Stanislavskij, che giungono a due metodi teatrali opposti per raccontare gli stessi personaggi nel medesimo periodo e contesto storico.
Sono l’esempio di come lo scrittore ha piena libertà di movimento e narrazione riuscendo a mantenere il focus sull’obiettivo.
Riuscire a essere verosimili in quello che si racconta, anche se si tratta di animali parlanti che popolano una foresta incantata non è affatto difficile se c’è alla base ciò che ci ha tramandato Stanislavskij: empatia e reviviscenza.
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